Pier Paolo Pasolini

Pasolini

Partecipe del clima sperimentale ma lontano dalle tensioni avanguardistiche, Pasolini attraverso la sua scrittura vuole confrontarsi di continuo con il mondo e le sue trasformazioni, un confronto e un intervento attivo nella società che avvengono ogni volta con strumenti e forme linguistiche diverse. Se con la raccolta d’esordio del 1942, Poesie a Casarsa, rifusa con altri testi ne La meglio gioventù del 1954 – nel 1975 uscirà La nuova gioventù –, scopre nel dialetto friulano una lingua assoluta, incontaminata, con i poemetti del 1957 Le ceneri di Gramsci sceglie una lingua ibrida, tramite la quale riflette sulle contraddizioni della società italiana. Con i romanzi Ragazzi di vita del 1955 e Una vita violenta del 1959 decide di immergersi nella realtà stessa, quella delle borgate romane, dove personaggi giovanili, che parlano un romanesco ricco di elementi spuri, vivono ai margini nella loro vi talità e spontaneità ma, al tempo stesso, problematicità della loro condizione. Alla ricerca continua di un contatto diretto con la realtà, il suo approdo naturale non può che essere il cinema, un’attività alla quale si affianca quella teatrale con una serie di sei tragedie, tra cui Porcile, legata all’omonimo film. Poesia, narrativa, cinema, scritti critici come quelli raccolti in Passione e ideologia del 1960 e interventi sui giornali: il suo sguardo acuto e polemico segue negli anni l’evolversi della realtà sociale, politica e intellettuale, sempre più destinata a degradarsi e incapace di un’autentica trasformazione. A Pasolini, voce provocatoria di estrema originalità, Elsa Morante dedica nel 1976, un anno dopo la sua morte, i versi a P.P.P. In nessun posto: «La tua vera diversità era la poesia».