Umberto Saba

Nato nella mitteleuropea Trieste, Saba appare all’interno del panorama poetico italiano una voce singolare, unica, controcorrente, distante da ogni ambiente letterario. La sua opera rimane lontana sia dalle sperimentazioni delle avanguardie sia dalla produzione ironica dei crepuscolari sia dalla ricerca di una “poesia pura”. Mantiene un rapporto di continuità con la tradizione poetica italiana: non si ribella alle forme e alle regole tradizionali, non frantuma l’unità del linguaggio, non dichiara l’impossibilità del dire. La sua è una poesia del quotidiano, che nasce da esperienze concrete, da incontri di uomini comuni, da vicende della vita cittadina. Il verso è chiaro, semplice, il linguaggio familiare, comune, ma il tono rimane alto. Saba dichiara esplicitamente la sua predilezione per una «poesia onesta», diretta, fedele al proprio mondo interiore, vicina alle cose. Se la sua attività poetica risale ai primissimi anni del secolo, la scrittura del Canzoniere lo tiene occupato per tutta la vita, dalla prima edizione del 1921 alla seconda del 1945, fino a quella che uscirà postuma nel 1961. Il Canzoniere, secondo la definizione data dall’autore in Storia e cronistoria del Canzoniere, non è altro che un «romanzo […] psicologico», nel quale il poeta sente il bisogno di andare a fondo nella conoscenza dell’uomo, in particolare di sé stesso. Ritornano in tutta l’opera temi, situazioni, figure che lo accompagnano lungo la sua esistenza, dall’amata balia – la Peppa – alla madre, dalla moglie Lina, a cui dedica la famosa poesia A mia moglie, alla figlia Linuccia. Il Canzoniere, nel suo essere un “romanzo in versi”, diviene, a partire dal dopoguerra, un’opera degna di attenzione per i più giovani poeti come Penna, Sereni, Caproni.